Nessun dialogo, la storia di Sigh e Bell non ne ha bisogno. Nelle circa duecento pagine che compongono L’occhio della montagna non vi è alcun accenno di discorso diretto, nemmeno una volta. Una peculiarità che cattura l’attenzione di chi legge soltanto dopo diverso tempo: nel mio caso, posso dire di essermene resa conto una volta superata la sessantina di pagine.
Nessun dialogo, eppure si percepiscono con distinta chiarezza i discorsi che spezzano le giornate di Sigh e Bell, due innamorati dall’animo solitario, indifferenti alle convenzioni sociali e impassibili di fronte ai legami di sangue o di amicizia. L’intera gamma di sentimenti che gli esseri umani sono in grado di provare Sigh e Bell la riservano l’uno all’altra. E a Pip e Voss, i loro due cani. Il rapporto che lega gli amanti si consolida e intensifica all’interno di una dimensione temporale sospesa, protetta dall’ombra del sicomoro che veglia sulla diroccata struttura che la coppia ha tramutato in casa.
Allontanatisi da Dublino, Sigh e Bell edificano una quotidianità privata, refrattaria a ogni interazione umana. Il postino può lasciare lettere, buste e cartoline nella scatola di biscotti arrugginita che presidia il cancello d’ingresso, le password delle caselle di posta elettronica possono essere relegate all’oblio, i genitori possono continuare le proprie vite anche senza conoscere il nuovo indirizzo o numero di telefono dei figli. La scogliera, la spiaggia, il bosco e i sentieri sono tutto ciò che serve alla coppia e ai due cani. E poi c’è la montagna. La montagna che si erge solitaria accanto alla casa di Sigh e Bell, e che i ragazzi si ripropongono, a ogni anno che passa, di scalare almeno una volta.
A ogni procrastinazione, la vita all’ombra del monte – o è una collina molto alta? – sfida un numero crescente di convenzioni. Sigh e Bell non lavorano, hanno sciarpe che appese a un bastone sostituiscono le tende della camera da letto, falciano il prato saltuariamente con un paio di cesoie, conservano ragnatele come arredi tra mura e soffitti, contemplano distaccati il disgregarsi di utensili, indumenti, pareti, vetrate. A ogni pagina, il mondo materiale che circonda Sigh e Bell si frantuma, in un inesorabile decadimento che angoscia il lettore ma lascia invece indifferenti e serafici i protagonisti de L’occhio della montagna.
Sara Baume ambienta nella sua Irlanda una narrazione eterea, dove gli spazi bianchi hanno la medesima forza delle parole. Lo stile di vita di Sigh e Bell è una costante ma tacita sfida a chi ne segue la storia. L’imperturbabilità degli amanti di fronte al disfacimento che li ammanta e avvolge genera uno spiazzante vortice di angoscia e incredulità, in un viaggio letterario che si lascia alle spalle un segno profondo e una ineluttabile malinconia.
Lo consiglio? Sì.
Casa editrice: NNE
Autrice: Sara Baume
Prima edizione: 2022
Prima edizione italiana: settembre 2022
Pagine: 208
Traduttrice: Ada Arduini