Punacci, storia di una capra nera, recensione: l’animale racconta l’uomo, nell’India rurale

Punacci, storia di una capra nera recensione

“Ho paura di scrivere degli uomini e scrivere degli dei mi terrorizza.” Con questa premessa, Perumal Murugan introduce Punacci, storia di una capra nera, un racconto che pur adottando il punto di vista di una capretta apre la strada a un’acuta riflessione sull’essere umano. Travestendosi da favola, il romanzo si snoda tra la cultura tamil e l’India rurale, in un itinerario emotivo intenso e sorprendente.

Attraverso l’enigmatico ingresso di Punacci nella vita di una coppia di anziani pastori, il lettore vede mutare la propria prospettiva sul mondo. È tramite gli occhi dell’animale che le pagine raccontano l’affetto dei due umani, il giogo della proprietà, l’istinto e l’impotenza, in un racconto cinico che a tratti si fa cronaca esistenziale. Le attenzioni che gli anziani dedicano a Punacci si fanno prigione, mentre i doni che Punacci offre loro – cuccioli, latte, opportunità – si fanno maledizione. La realtà delineata da Murugan è mutevole, instabile e traditrice, rappresentazione di una vita sulla quale la protagonista non ha alcun controllo.

Avventuroso senso di scoperta, ebrezza del primo amore e volontà di ribellione sono sensazioni che si alternano concitate nella giovinezza di Punacci, preludio a una maturità scandita dal lucido disincanto e dalla spietata rassegnazione. Il racconto che l’ovino fa del suo rapporto con l’uomo è coinvolgente, al punto che il lettore si ritrova a provare senza sforzo una sincera empatia nei confronti della riflessiva capretta, in un percorso letterario articolato e doloroso.

Costringono le capre, che non si piegano, a guardare il suolo, legando insieme collo e zampa posteriore con una corda, per aggiogarle. Ma le capre cercano sempre di scioglierne i nodi. Le pecore non hanno catene, per cui non provano mai a liberarsene. A che serve legarle, se inchinarsi è insito nella loro natura? Le pecore sono fortunate a vivere senza comprendere che inchinarsi significa essere schiavi.
Perumal Murugan
Perumal Murugan
Punacci, storia di una capra nera

Dietro il “c’era una volta” che dà il via al racconto, Punacci, storia di una capra nera non ha in verità paura di parlare degli uomini. Un governo che al contempo ha orecchie sorde e orecchie ovunque, la siccità imperante e una natura contrastata da persone che hanno a poco a poco distrutto ogni cosa, hanno preso tutto con le mani e se lo sono messo in bocca: la voce di Punacci e degli umani che la circondano si fonde a quella di Murugan, in un racconto calato nella contemporaneità e dalla voce preziosa e affilata.

Con la traduzione di Punacci, storia di una capra nera, Utopia porta sul mercato editoriale italiano uno tra i maggiori scrittori indiani contemporanei. Utilizzando la lingua tamil, parlata da oltre ottanta milioni di persone, l’autore racconta con lucidità e grazia un mondo che ha il suo fulcro nell’India meridionale.

Casa editrice: Utopia
Autore: Perumal Murugan
Prima edizione: 2016
Prima edizione italiana: novembre 2022
Pagine: 160
Traduttrice: Dorotea Operato